Spettralismo: confluenze storiche e derivazioni strutturaliste
XII Convegno annuale SIdM (Società Italiana di Musicologia)
Pesaro, Conservatorio di musica “G. Rossini”
20-23 ottobre 2005
Abstract | Testo completo
Nonostante le implicazioni scientifiche e sistemiche di una posizione programmatica apparentemente riconducibile ad una integrazione della nascente fonologia con i principi dell’alea controllata bouleziana della fine degli anni Cinquanta, la produzione musicale spettralista, avviatasi verso la seconda metà degli anni Settanta all’interno del collettivo parigino l’Itinéraire con alcuni lavori di Grisey, Murail e Dufourt, non si è espressa attraverso la teorizzazione di ambienti generativi sintetici regolati dallo sviluppo di modelli fisici o psicoacustici nativi (come ad esempio si può osservare nell’opera di Jean Claude Risset o in diversi autori della composizione algoritmica: Paul Berg, Joel Chadabe, Gottfried Michael Koenig, Curtis Roads, Robert Rowe, Morton Subotnik, Barry Truax, ecc.) quanto nella definizione di tecniche per il controllo, la descrizione strutturale e lo sviluppo dinamico, ordinato o caotico, di un materiale spettrale pre-selezionato ricavato il più delle volte da sorgenti acustiche tradizionali.
Nel tentativo di conciliare “criteri naturali e culturali”, come espresso dallo stesso Grisey, in un rapporto di tipo “classico” con la composizione e con la tradizione strumentale, lo spettralismo sembra piuttosto aver aderito alla ricerca di una totalità organicistica, condivisa in autori quali Messiaen, Varese, Scelsi, Ligeti, Xenakis, Stockhausen, Boulez, ricollegandosi ad un modello estetico deterministico già pressoché definito nei contenuti e storicamente riconducibile al tentativo di correzione delle incongruità psicoacustiche del postserialismo weberniano.
La memoria proposta ripercorre alcune tappe del processo di formalizzazione della nozione di ‘spettro’ muovendo proprio dalla revisione, in direzione strutturalista, del parametro timbrico nella musica tonale e individuando i tratti di continuità che lo spettralismo linguisticamente presenta con la tradizione eurocolta ancor prima che con il pragmatismo e la matrice dello sperimentalismo elettroacustico americani posti alle origini della computer music. Si stabilisce in tale modo la possibilità di una interpretazione dell’approccio compositivo spettralista come di una proposta strumentalmente concettuale e semiologica ancor prima che prettamente stilistica.
La composizione di riferimento per il confronto e la disamina delle tecniche spettraliste è Désintégrations (1983) di Tristan Murail, la cui analisi è stata condotta dall’autore della presente ricerca presso la classe di Musica Elettronica dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “Vincenzo Bellini” di Catania sotto la cura di Emanuele Casale.
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